"Tutti sanno che la barca sta affondando, tutti sanno che il capitano ha mentito” cantava un tempo Leonard Cohen. Nonostante decenni di dati scientifici che dimostrano che il cambiamento climatico è causato dall’uomo, siamo ancora incantati da una storia di “progresso illuminato”. La nostra cultura ad elevate emissioni è sostenuta da un sistema che ci convince che noi umani controlliamo la natura e che possiamo risolvere ogni problema con la nostra tecnologia superiore.
Extinction Rebellion sta creando una nuova narrativa della crisi climatica ed ecologica"Tutti sanno che la barca sta affondando, tutti sanno che il capitano ha mentito” cantava un tempo Leonard Cohen. Nonostante decenni di dati scientifici che dimostrano che il cambiamento climatico è causato dall’uomo, siamo ancora incantati da una storia di “progresso illuminato”. La nostra cultura ad elevate emissioni è sostenuta da un sistema che ci convince che noi umani controlliamo la natura e che possiamo risolvere ogni problema con la nostra tecnologia superiore.
Attivisti di Extinction Rebellion si esibiscono in una #Discobedience a Madrid il 7 Dicembre 2019
Ci sono chiari segni del fatto che questa storia sta perdendo credibilità. Nel 2107 David Wallace-Wells ha scandalizzato i lettori del New York Magazine con un articolo dal titolo ‘The Uninhabitable Earth’ (‘L’inabitabile pianeta Terra’). Nel 2018 Jem Bendell, un professore di leadership in sostenibilità presso la University of Cumbria, ha pubblicato un articolo accademico in cui discuteva la necessità di un ‘profondo adattamento’ di fronte all’imminente collasso ecologico. Più recentemente, Jonathan Franzer ha provocato nuova agitazione nel The New Yorker, dichiarando che di fronte al fallimento del mondo nel ridurre le emissioni di CO2, “una falsa speranza di salvezza può essere effettivamente dannosa”.
Alle volte, però, una storia conta più delle parole.
Ad Aprile, bandiere colorate che portavano i simboli di una clessidra, un teschio, api e farfalle, hanno iniziato a svolazzare sul Tamigi. Nel giro di un’ora cinque ponti erano bloccati. Migliaia di persone sono scese in strada interrompendo il traffico nel centro di Londra per undici giorni, chiedendo azioni immediate da parte del governo riguardo alla crisi climatica [ed ecologica n.d.t.].
Sei mesi dopo, la disobbedienza civile di massa è tornata nelle strade di Londra e in più di 60 città in giro per il mondo. Nel giro di dieci giorni, più di 1700 manifestanti di Extinction Rebellion, un movimento di protesta che attraverso l’azione diretta nonviolenta vuole lanciare il grido di allarme sull’estinzione e su altre crisi ecologiche, sono stati arrestati a Londra. La polizia ha scortato un gigantesco pupazzo di un polpo rosa a Trafalgar Square. Gli attivisti hanno partecipato a diversi sit-in all’aeroporto di Londra, agli uffici della BBC e al mercato del pesce di Billingsgate.
Durante la seconda settimana, nonostante fossero state vietate dalla polizia, gli attivisti hanno continuato le proteste.
La prima richiesta del movimento – di dichiarare l’emergenza climatica ed ecologica – è stata soddisfatta dal parlamento inglese il primo maggio, e ad oggi 261 consigli comunali britannici hanno dichiarato l’emergenza climatica ed ecologica. Extinction Rebellion è riuscito a stimolare una discussione sul collasso climatico e sulla distruzione degli ecosistemi che per decenni è stata rimandata nell’agenda politica. È comunque da ricordare che una cosa è dichiarare l’emergenza e un’altra è fare qualcosa a riguardo.
[1]Nel 2008, guardando la serie dei film-documentari ‘Peak oil’, ho avuto una “rivelazione”. Ho aperto gli occhi, accorgendomi che tutte le cose, a partire dallo spazzolino che uso e i vestiti che indosso, sono fatte di petrolio. Mi sono resa conto di non sapere nulla riguardo la produzione di energia, i mercati finanziari o l’agricoltura industriale. Avevo conosciuto solo una piccola parte della civiltà, rimanendo all’oscuro delle conseguenze che porta con sé e dei meccanismi che sono nascosti sotto la superficie splendente. Ho quindi iniziato a scrivere articoli sui progetti a base comunitaria in giro per l’Inghilterra che stanno lavorando per sviluppare un’economia a basse emissioni, dai repair cafes alle fattorie urbane.
Ma solo quando sono entrata in contatto con il festival chiamato “Uncivilisation Festival”, un raduno di persone che esplora risposte creative al collasso sistematico, organizzato dal progetto Dark Mountain Project, ho capito cosa mancava ad ogni possibile resoconto positivo che potessi scrivere sul cambiamento climatico. Le discussioni attorno al fuoco al Festival non erano incentrate su dati climatici o su un cambio di comportamento, ma su una crisi esistenziale – una crisi che mentre permetteva alle persone di allontanarsi dal mito del progresso, della centralità dell’uomo e della nostra separazione dalla ‘natura’ allo stesso tempo spingeva a diventare creature umili e più creative.
Discutere tra di noi sulla complessità della crisi significa non poter continuare a restare all’interno di una cultura convenzionale. Ed è proprio quello che si vedeva nelle strade durante la ribellione di Ottobre (n.d.t.). Laddove i politici incoraggiano le persone ad essere ostili e individualiste,
i ‘ribelli’ lavorano assieme facendo sforzi per ascoltare e andare al di là di questa retorica incendiaria. Laddove il mondo artificiale indossa un elegante completo aziendale, Extinction Rebellion porta colori, consistenze differenti e diversità.
La forma della loro ribellione non è l’ordinaria folla di manifestanti che scende in strada con i cartelloni. È un mix sfrenato, improvvisato – di artisti circensi e processioni funerarie, di 400 alberi lasciati davanti al Parlamento inglese per farli piantare ai politici e 40 ‘scrittori ribelli’ che leggono a Trafalgar Square, di un ‘nurse-in’ di madri e bambini fuori dal quartiere generale di Google. È un matrimonio, una partita di cricket e un ceilidh (un raduno con balli e musica) sul ponte di Westminster, e un cantante in una banda barocca che canta ‘Remember Me’ di Henry Purcell alla fine di Downing Street.
Ma nonostante tutta la cordialità e attenzione per la cultura nonviolenta, questa è una storia difficile da raccontare: Extinction Rebellion non è incentrato solo sulla liberazione politica dei cittadini. Perdita delle biodiversità, acidificazione degli oceani, deforestazione, inquinamento –
ogni aspetto della vita del pianeta ha sofferto decenni di vorace estrazione di combustibili fossili e di minerali. E nessuno di noi è privo di colpe. Non puoi entrare in un supermercato, riempire il serbatoio della macchina o indossare la tua giacca invernale senza sporcarti le mani di sangue. Facciamo tutti parte di una civiltà tossica che provoca il caos sul pianeta.
E la sfida da affrontare riguarda proprio come districarsi da questa civiltà.
Le richieste di Extinction Rebellion vanno oltre l’accordo di Parigi; chiedono che il governo riduca le emissioni di CO2 a zero netto entro il 2025. E le loro azioni creative hanno catturato l’attenzione dell’opinione pubblica portando ancora più voci nella discussione sul tema. “Questo cammino riguarda tutti, non è un percorso fatto per un singolo eroe”, mi ha detto Simon Bramwell, uno dei co-fondatori del movimento.
Se chiedi alle persone perché si sono sedute in mezzo alla strada, perché preti, insegnanti, infermieri, ex-poliziotti, elettricisti, un ex agente di borsa, persone anziane e giovani madri si sono fatti arrestare, loro diranno che hanno provato tutto quello che potevano fare autonomamente: firmato petizioni, cambiato stile di vita. E niente di tutto ciò ha funzionato.
Ma quando ti ritrovi insieme ad altri che sanno che la barca sta affondando, puoi fare la tua parte in un’azione di gruppo.
L’azione nonviolenta ha effetto perché stai dimostrando che sei disposto a mettere te stesso e la tua libertà in prima linea. Le tue azioni difendono le tue parole. Chi sei e cosa dici è importante. E non sei solo.
Viviamo e moriamo secondo le storie che ci raccontiamo – e nelle le strade di Londra [e non solo n.d.t.] quella storia sta cambiando.
Testo tradotto da: https://www.nytimes.com/2019/10/28/opinion/extinction-rebellion-london.htmlL’autrice Charlotte Du Cann è editrice presso The Dark Mountain Project: [
https://dark-mountain.net/](
https://dark-mountain.net/](
https://dark-mountain.net/](
https://dark-mountain.net/)Le immagini sono state scattate durante le azioni di Extinction Rebellion a Madrid, in contemporanea alla COP25, nel Dicembre 2019; credits: Agisilaos Koulouris - Instagram:
@agisilaos_k -
@round_sesame_bread - Email:
agisilaoskoulouris@gmail.com - +306988723439
Su questo, riguardo alla situazione italiana, si veda l’approfondimento:
https://extinctionrebellion.it/societa/2019/12/03/Emergenza-climatica-servizi-ecosistemici/ (n.d.t.)